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Claudio Claudiano
Il consolato di Stilicone

Libro I

Traduzione della dott.ssa
Emanuela Cairo
(Univ. della Calabria)

 

TESTO ORIGINALE LATINO

 

 
 
   
Gli dei del cielo prolungano la gioia dei Romani con pieno favore
e incalzano i successi con nuovi successi:
non ancora la corte aveva sopito i lieti canti delle nozze, quand'ecco
che cantò la vittoria seguita alla sconfitta di Gildone, e una
  5
corona di alloro subentrò alle ardenti ghirlande della camera nuziale,
affinché il principe si attribuisse parimenti il nome di marito
e la dignità di vincitore; dopo la guerra d'Africa, un crimine
lacerò l'Oriente e, domato di nuovo questo ultimo, sotto il consolato
di Stilicone, si levano, ormai difese, le scuri della sovranità romana.
 10
I desideri si muovono ordinatamente. Senza dubbio, qualora io speri
di comprendere in un solo carme l'insieme di così grandi imprese,
senz'altro più facilmente potrei sovrapporre il Pelio sull'Ossa glaciale.
Qualora io voglia tacerne una parte, qualunque cosa tralasci
sarà la più importante. Dovrei descriverne le vecchie imprese e la
 15
prima giovinezza? Le imprese presenti traggono a sé il pensiero.
Dovrei ricordarne il sentimento di giustizia? Risplende la gloria
dimostrata in guerra. Dovrei narrare il suo vigore da soldato?
Compě maggiori imprese senza armi. Dovrei cantare il fatto che
 
      
il Lazio è fiorente, che l'Africa, ormai restituita al Lazio, è ad esso
 
 20
sottomessa, che l'Iberia non conosce il vicino Mauro, che la Gallia,
 
ormai sicura, guarda con stupore la pace regnante intorno al Reno,
 
o piuttosto dovrei cantare la gelida Tracia e le fatiche sostenute
 
in presenza del fiume Ebro come testimone? Mi si spalanca una vasta
 
distesa di argomenti e la stessa strada in pendio lascia correre i carri
 
 25
Pierii con innumerevoli lodi. Infatti da quando i mortali iniziarono
 
ad abitare la terra, mai alcuna sorte di sole virtù fu concessa ad alcun
 
uomo. I costumi disonorano colui al quale il volto dà distinzione;
 
l'animo più bello orna colui che il corpo delude. Un uomo
 
è il più insigne nelle guerre, ma contamina la pace di vizi;
 

 30

un altro, invece, è fortunato nelle cose pubbliche, ma non nelle private.
 
Singole virtù in particolare nobilitano ciascuno: chi viene nobilitato
 
dall'aspetto piacente, chi dal vigore nelle armi, chi dall'austerità,
 
chi dal sentimento del dovere, chi dalla perizia nel campo del diritto,
 
chi dalla discendenza e dalle relazioni caste. In tutti tali virtù
 
 35
sono sparse, in te scorrono unite; e questi pregi che, benché divisi,
 
rendono gli uomini beati, tu li possiedi raccolti insieme. A che pro
 
narrare di nuovo le imprese e le campagne militari del padre, per
 
rendere famoso il quale sarebbe sufficiente il figlio Stilicone, anche se
 
la destra fedele a Valente nulla di illustre avesse fatto né avesse guidato
 
 40
le ali dell'esercito dai capelli risplendenti come l'oro? Una mente
 
profonda sempre sin da fanciullo, e negli anni giovanili già risplendeva
 
il pregio di un destino più luminoso. Fiero e risoluto a non
 
intraprendere nulla che non fosse di breve durata, a non indugiare
 
su alcuna soglia dei potenti, a parlare già allora di cose degne dei
 
 45
fati futuri. Fin d'allora destavi l'attenzione, fin d'allora
 
avanzavi degno di venerazione,e lo splendore scintillante del nobile
 
volto e la misura delle membra, quale neppure i carmi
 
immaginano per gli eroi, promettevano una guida. In qualunque
 
città avanzassi profondamente vedevi quanti ti cedevano il passo
 
 50
e si alzavano, benché tu fossi ancora un soldato.
 
Le approvazioni del tacito volgo ti avevano accordato qualunque
 
cosa, presto anche la corte ti avrebbe dovuto. Eri appena nel fiore
 
degli anni, quando sei inviato come artefice della pace in Assiria;
 
fu affidato ad un giovane il compitodi stipulare l'alleanza con un popolo
 
 55
tanto potente. Dopo aver attraversato il Tigri e l'Eufrate, ti dirigi
 
a Babilonia. Gli austeri capi dei Parti rimasero attoniti, la plebe
 
munita di faretra arse dal desiderio di vederti e le Persiane, con gli
 
occhi fissi sul nobile straniero, sospirarono una nascosta passione.
 
Gli altari odorosi di cumuli di incenso e di raccolto arabico
 
 60
conciliano la pace; i sacerdoti trassero fuori dai recessi interni
 
il fuoco consacrato e, secondo il rito caldeo, uccisero i
 
giovenchi. Lo stesso re piega con la destra la coppa
 
scintillante e chiama in testimonio i recessi di Belo e Mitra che
 
volge in giro le stelle erranti. Se talora gli alleati si recavano
 
 65
con te in cacce comuni, chi prima di Stilicone trapassava col ferro da
 
vicino i leoni o da lontano colpiva le tigri screziate?
 
Il Medo cedette le briglie arrendevoli a te che sei capace di piegarlo;
 
fuggendo, scagliavi l'arco, mentre i Parti guardavano sorpresi.
 
Intanto l'età da marito della fanciulla ormai matura sollecitava la
 
 70
preoccupazione paterna, essendo il principe incerto su colui che
 
prevedeva sarebbe stato nello stesso tempo guida per l'Impero e marito
 
per la figlia; titubante cercava da tutto l'Impero un genero degno
 
dell'unione e del talamo con Serena.
 
La decisione riguardava la virtù; per accampamenti, per città,
 
 75
per popoli corse la bilancia dell'anima esitante.
 
Tu vieni scelto e nella decisione e nel giudizio di colui che sceglie
 
trionfi su uomini tanto eccellenti che il mondo offre innanzi, e ti accosti
 
agli Augusti come genero, tu che un giorno sarai anche suocero per essi.
 
Il letto nuziale brilla per i raggi dell'oro e per la maestà tiria.
 
 80
Accompagnata dai genitori vestiti di porpora esce
 
la fanciulla: di là stava ritto il padre celebre per le vittorie;
 
di qua la regina splendente, cingendosi di gemme di gran valore,
 
mostrava la sua virtuosa dedizione di madre.
 
Raccontano che allora anche i cavalli del Sole e gli astri
 
 85
esultassero in danze e dal suolo prorompessero laghi di miele e fiumi
 
di latte, mentre il Bosforo ricopriva la distesa marina di fiori
 
primaverili e l'Europa, avvinta da corone di rose, respingeva
 
le fiaccole nuziali contendenti d'Asia.
 
Felice principe del libero volere, che giudica in modo conveniente
 
 90
per il mondo e per primo valuta ciò che noi tutti vediamo.
 
Senza dubbio ai figli e alla corte Teodosio aggiunse un uomo tale, per
 
il quale mai il lusso fu più prezioso della guerra, né i piacevoli
 
ozî dei pericoli, né il godimento della vita fu più prezioso della gloria.
 
Chi, infatti, respinse sui carri i feroci Visigoti
 
 95
o annientò in una sola strage i Bastarni
 
insuperbiti per l'orribile uccisione di Promoto?
 
Enea vendicò la vita di Pallante con la morte di Turno
 
ed Ettore, trascinato dalle ruote vendicatrici , fu vendetta o
 
guadagno per l'adirato Achille:
 
 100
tu non trascini spoglie in vendita con un carro impetuoso,
 
né prepari inutili crudeltà contro il corpo di un solo nemico:
 
abbatti innanzi alla tomba di un amico torme di cavalieri,
 
caterve di fanti e schiere di nemici;
 
tutto un popolo viene offerto ai mani del morto. Neppure Vulcano,
 
 105
autore dello scudo ingannatore, e le armi fabbricate dagli dei
 
aiutarono le tue imprese: tu, da solo, tenevi rinchiuse nei confini
 
dell'angusta valle tante migliaia di barbari, i quali già da tempo
 
devastavano la misera Tracia. Non ti allontanarono
 
né lo stridore che risuona spaventosamente dell'Alano mentre
 
110
sopraggiunge, né la volubile crudeltà degli Unni, né il Gelone con
 
la falce, né i Geti con l'arco, né i Sarmati con il lungo giavellotto.
 
Sarebbero stati annientati totalmente se, con una volontà malvagia,
 
un occulto traditore non avesse ingannato le orecchie dell'Imperatore
 
e non avesse frapposto degli ostacoli, nascosto la spada sguainata,
 
 115
liberato gli assediati e offerto alleanza a coloro che erano stati catturati.
 
Assiduamente era presente negli accampamenti, molto raramente
 
in città se qualche volta il principe lo chiamava con trepida devozione;
 
dopo aver appena salutato i Lari, dopo aver appena visto la moglie,
 
senza essersi ancora deterso del sangue, ritornava nuovamente
 
 120
nel campo, non si fermò neppure mentre godeva attraverso l'elmo
 
dei baci di Eucherio. Lo zelo del condottiero vinse gli stimoli del padre
 
e le fiamme d'amore del marito. Quante volte trascorse degli inverni
 
traci sotto le tende invernali e quante volte i soffi Rifei sopportò
 
sotto il cielo scoperto del lento Boote! E quando, pur col fuoco
 
 125
vicino, gli altri a stento sopportavano il freddo, allora costui a cavallo,
 
duramente, calpestava il Danubio irrigidito dal freddo e saliva,
 
ornato di pannacchio, l'alto monte Ato innevato e per ampio tratto
 
con lo scudo scintillante abbatteva gli alberi curvati dal ghiaccio.
 
Ora si attendava vicino ai lidi del Ponto Cimmerio,
 
 130
ora fissava il giaciglio invernale sul Rodope tempestoso.
 
Voi, gelide valli dell'Emo, che spesso Stilicone riempì di sanguinosi
 
ammassi di cadaveri, voi fiumi della Tracia, che mutaste i flutti
 
con abbondante sangue, invoco come testimoni. Raccontate o Bisalti,
 
o voi che spaccate il Pangeo con i giovenchi,
 
 135
quanti putridi elmi si stacchino dalle zolle sotto il vomere
 
che vi urta contro o quali enormi ossa di re uccisi risuonino a causa
 
dei rastrelli. Io desidererei abbracciare ogni singolo evento:
 
ma più fitta incalza la serie delle imprese e siamo sommersi dalle onde
 
di lodi che ad esse seguono. Teodosio, dopo aver combattuto
 
 140
contro il tiranno, che rimase ucciso,
 
affidati ormai a te i territori dell'Impero, era salito in cielo.
 
Tu, con collo costante, sopporti le cadute pericolose quando il culmine
 
degli eventi sta per precipitare: così, quando un tempo Ercole reggeva
 
il cielo, quel marchingegno restò sospeso in equilibrio migliore,
 
 145
né lo Zodiaco vacillò a causa dei malsicuri astri e il vecchio
 
Atlante, rimosso dalla perpetua mole, per poco restò attonito,
 
spettatore del proprio peso. Non ci fu alcuna rivoluzione ad opera
 
di nessun barbaro; nessun rivolgimento provocò l'inquieta novità,
 
una volta infranto l'ordine e, pur essendo ormai tanto lontano il principe,
 
 150
il regno non si accorse che le redini del potere erano mutate.
 
Nulla osò il soldato, come libero dai freni, in entrambi gli eserciti.
 
Senza dubbio né una massa varia di così tante lingue,
 
né mai un popolo più diverso per la foggia delle armi vi confluì:
 
Teodosio da ogni parte aveva destato tutto intero con sé l'Oriente;
 
 155
in questo luogo accorse il Colco insieme agli Iberi,
 
l'Arabo velato della mitra, l'Armeno elegante per la chioma;
 
in questo luogo i Saci avevano innalzato tende dipinte,
 
il Medo tende porporine, il nero Indiano padiglioni adorni di gemme;
 
qui accorse l'alta coorte del Rodano, qui accorse il soldato
 
 160
figlio dell'Oceano. Stilicone unico condottiero di tanti popoli
 
quanti ne scorge il sole o spuntando o tramontando.
 
In questo tumulto così vario di lingue e di popolazioni, sotto la tua
 
guida, ci fu così grande pace e il timore fu protettore dell'onesto
 
diritto che né la vigna a causa di nessun furto, né il campo
 
 165
seminato defraudò il colono del raccolto rubato, che a nulla di crudele
 
indusse la collera, né a nulla di turpe la passione, che le spade
 
mansuete furono obbedienti alle leggi. Naturalmente
 
in mezzo al popolo si diffondono gli esempi di coloro
 
che governano e come i litui dei condottieri, così anche i loro costumi
 
 170
l'accampamento segue. In breve, dovunque tu trasportassi le aquile
 
propizie, i fiumi, vuotati bevendo, per così tante miglia erano aridi.
 
Ti dirigevi nell'Illirico: i campi e i monti si tenevano nascosti.
 
Sollevavi l'insegna navale: sotto le poppe scorreva il mar Ionio,
 
né i monti Cerauni cinti dalle nubi, né la tempesta che colpisce
 
 175
con le sue onde i gioghi spumeggianti di Leucate
 
ti trattenevano. Se avessi ordinato di ricercare il mare glaciale,
 
i remi tirati dal soldato fiducioso, lottando con la superficie
 
avrebbero colpito gli stagni di Saturno;
 
se avessi ordinato di cercare i deserti del Sud e la fonte del Nilo,
 
 180
le vele sarebbero penetrate in mezzo ai vapori degli Etiopi.
 
Te l'Eurota riconoscente, te la rustica Musa del Liceo,
 
te il Menalo e il bosco Partenio celebrano con una
 
melodia pastorale, perché, mentre tu combattevi, risorgendo,
 
la sofferente Grecia sollevò il capo in mezzo alle fiamme.
 
 185
Allora il Ladone Parrasio si fermò in mezzo a numerosissimi cadaveri
 
e l'Alfeo, angusto a causa dei cumuli di morti getici, divenuto più lento,
 
ancora ora si dirige verso il suo amore siculo. Ci
 
meravigliamo che il nemico soccomba in rapide guerre, quando,
 
invece, cade per il solo terrore? Forse abbiamo rivolto squilli di
 
 190
trombe contro i Franchi? Tuttavia caddero. Forse abbiamo annientato
 
in battaglia gli Svevi per dare loro le leggi? Chi potrebbe crederlo?
 
Prima del segnale di guerra l'audace Germania ci è soggetta.
 
Svaniscano, o Druso, svaniscano, o Traiano, le vostre imprese:
 
qualunque cosa la vostra mano fece nell'incerto pericolo, Stilicone
 
 195
la fece passando rapidamente e sottomise il Reno in tanti giorni quanti
 
sono gli anni in cui voi siete riusciti a sottometterlo; voi lo avete
 
sottomesso con le armi, lui con le esortazioni, voi insieme ai soldati,
 
lui invece da solo. Indefesso, scendendo
 
dalla sorgente del fiume fino alla sua biforcazione e alla sua foce
 
 200
paludosa compì un cammino fulmineo; l'impeto del condottiero
 
superava le rapide onde e la pace, nascendo dalla sua fonte, cresceva
 
con le acque del Reno. Nomi un tempo temibili, re dai capelli biondi
 
e lunghi, i quali non obbedivano agli imperatori neppure se invocati
 
per mezzo di doni e preghiere, dopo aver, invece, ricevuto i suoi ordini,
 
 205
si affrettano e temono di averlo offeso con il loro pigro indugiare;
 
trasportati oltre il fiume da piccole barche, accorrono
 
ovunque egli voglia. Né passò inosservata la fama della sua
 
clemenza: lo videro giusto, lo videro leale. Colui che giungendo
 
temette, al suo ritorno il Germano lo amò.
 
 210
Quelli terribili, i quali avevano l'abitudine di vendere sempre la pace
 
e di pattuire la tregua con turpe ricompensa, dati i figli come ostaggi,
 
implorano la pace con volto talmente supplice e schiavo,
 
come se legati strettamente dietro le spalle, avanzino
 
verso la roccaTarpea con i colli abbassati. Tutto il territorio
 
 215
che giace tra l'Oceano e le sorgenti dell'Istro tremò per
 
l'assalto di uno solo uomo; senza strage furono soggiogati
 
con la schiavitù il Nord e le disarmate Orse.
 
In così poco tempo, tante battaglie conduci a termine senza versare
 
sangue e, partito quando da non molto tempo era sorta la luna,
 
 220
ritorni prima che sia piena, e costringi il Reno minaccioso,
 
spezzati i suoi promontori, a calmarsi al punto che il Salio
 
ormai può coltivare i campi, il Sigambro può piegare in falce
 
le spade ricurve e il viandante quando vede due sponde
 
ricerca quella che sia romana; al punto che, ormai,
 
 225
oltre il fiume, senza che il Cauco si adiri,
 
può pascere la pecora Belga e gli armenti Gallici, passati
 
attraverso l'Alba, possono percorrere i monti dei Franchi; al punto
 
che lontano, per i vasti silenzi della selva Ercinia, si può cacciare
 
al sicuro e impunemente le nostre bipenni possono abbattere
 
 230
i boschi orridi per l'antica superstizione religiosa
 
e la quercia simbolo del nume barbarico.
 
Che anzi spontaneamente guardano con mente obbediente e
 
sono propizi al vincitore. Quante volte la Germania
 
pregò di unire le truppe e di essere congiunta alle tue insegne!
 
 235
Tuttavia, pur essendo stata disprezzata, non si lamentò e, rifiutato l'aiuto,
 
la vantata lealtà venne meno. La provincia scaccerà
 
i fasci da te inviati più celermente che non la Francia i re che
 
tu le hai dato. Non è più consentito sconfiggere in battaglia i ribelli,
 
ma è permesso punirli con le catene: sotto i nostri giudici
 
 240
il carcere romano indaga i crimini contro l'Impero: fanno da
 
esempio Marcomeres e Sunno (di cui l'uno sopportò l'esilio in Etruria;
 
mentre l'altro, avendo promesso di essere vendicatore
 
dell'esule, morì a causa della spada dei suoi),
 
fratelli avidi di suscitare rivolgimenti e furenti per odio della
 
 245
pace, per indole e per desiderio di delitti.
 
Dopo aver sottomesso i popoli del Settentrione, scoppiò dall'altra parte
 
dell'Impero una tempesta e, perché nessuna parte del mondo rimanesse
 
libera dalle tue vittorie, suonò il segnale di guerra contro il Sud.
 
Gildone aveva destato tutti i popoli d'Africa, sui quali sovrasta Atlante
 
 250
e che una regione alquanto interna allontana dal sole eccessivo;
 
questi popoli bagna il vagante Cinife, Tritone il fiume
 
più vicino ai giardini delle Esperidi e Gir il fiume più noto
 
degli Etiopi, che imita con simile flutto il Nilo;
 
erano venuti sia il Nuba cinto da piccole saette,
 
 255
sia il veloce Garamante, né Ammone potè fermare,
 
benchè tristi fossero stati i responsi, il focoso Nasamone.
 
I campi Numidi sono circondati, le Sirti Getule si ergono
 
nella polvere, il cielo cartaginese è ricoperto di giavellotti.
 
Questi popoli guidano i cavalli con una verga; ad essi
 
 260
offrivano fulvi veli i leoni e le spoglie di ignote fiere,
 
che Meroe nutre nei suoi vasti deserti di sabbia;
 
portano invece dell'elmo ampie fauci spalancate di serpenti;
 
le faretre di vipera risplendono di una pelle squamosa.
 
Non così cominciò a tremare il Simoenta quando dai monti
 
 265
dell'Ida il nero Memnone faceva avanzare nere schiere,
 
non così il Gange tremò quando, lontano dagli Indiani che
 
scagliavano dardi, un'immane belva trascinava Poro al centro.
 
Poro fu abbattuto da Alessandro, Memnone da Achille,
 
Gildone naturalmente da te. Un'accesa guerra sconvolgeva
 
 270
non solo il Sud, ma anche le regioni Orientali.
 
Benché un certo sentimento di devozione fosse motivo di disturbo,
 
Gildone aveva trasferito all'Oriente la facoltà di reggere la Libia
 
e con empia malvagità, ipocrita, aveva accampato come pretesto
 
una parvenza legittima di regno. Una duplice guerra sorgeva con vario
 
 275
sbigottimento; l'una infausta per le armi, l'altra per le insidie.
 
L'una l'Africa l'aveva fornita di feroci aiuti, l'altra l'Oriente,
 
avendo preso parte al complotto, l'alimentava con agguati. Di là
 
passavano proclami destinati a corrompere i condottieri, di qui, negati
 
i cereali, una funesta fame tormentava e assediava la città trepidante.
 
 280
La guerra libica fu chiaramente perniciosa; quella civile fu taciuta
 
con il pretesto del pudore. Quando dall'una e dall'altra parte fremevano
 
tali burrasche e un'incerta tempesta turbava con colpi alterni
 
l'Impero lacerato, per nulla spossata, non cessò la fermezza del
 
sentimento del dovere e sempre vigile contro la sorte minacciosa e
 
 285
destinata ad esigere per sé eventi favorevoli, più fiera sfavillò
 
nelle avversità: proprio come il comandante della nave, che
 
il nuvoloso Orione scuote col vortice Egeo, schiva i colpi
 
delle acque con un piccolo piegamento del timone e avveduto,
 
ora con la carina dritta, ora volta obliquamente,
 
 290
resiste all'ira del mare e del cielo.
 
Di che cosa dovrei meravigliarmi, innanzitutto, Stilicone? Del fatto
 
che prudente ti sei opposto a tutti gli inganni, tanto che né la lettera
 
colpevole dell'intrigo, né la mano infiammata dal denaro ti sono
 
rimaste nascoste? Del fatto che nulla di indegno per il Lazio hai detto
 
 295
in giro in una situazione di così grande terrore? Del fatto che sempre
 
hai dato alle regioni Orientali fiere risposte, che hai provato essersi
 
subito realizzate, sicuro anche se avevano in loro potere le tue ricchezze,
 
i tuoi possedimenti e i tuoi splendidi palazzi? Questa è una perdita
 
lieve: mai gli interessi pubblici si sottomisero a quelli privati.
 
 300
Disponi importanti incombenze e ti esponi da solo a tutte quante,
 
cercando col sentimento quello che bisogna fare con la mente,
 
compiendo, sempre col sentimento, ciò che bisogna portare a termine con
 
la mano, pronto a dire a voce quelle cose che andrebbero fatte con le
 
parole scritte. Quali cento braccia, quale Briareo con altre cento braccia
 
 305
in numero crescente avrebbe potuto contrastare tanti eventi sopraggiunti
 
contemporaneamente, avrebbe potuto evitare gli inganni,
 
rafforzare le vecchie coorti, sperimentare le nuove, disporre in ordine
 
doppie flotte, per portare cereali o guerre, lenire
 
le discordie della corte e la fame di Roma? Quanti occhi
 
 310
immuni dalla nube del sonno sarebbero sufficienti per percorrere
 
tante regioni e per custodire così tanti luoghi e per giunta tanto lontani?
 
La fama canta che Argo, cinto da cento occhi,
 
custodendone il corpo, abbia sorvegliato una sola giovenca!
 
Da dove furono portate tante provviste? Quale bosco ricoprì le carene?
 
 315
Da dove spuntò la rude gioventù con così tante reclute
 
e da dove, nonostante nuovamente si rinnovasse la spossatezza,
 
la Gallia recuperò le forze fiaccate per due volta dalla sconfitta alpina?
 
Io non credo con la leva, ma credo che schiere tanto inattese siano
 
balzate fuori addirittura dal dente del drago seminato dal vomere
 
 320
del tirio Cadmo: come nei campi Dircei il raccolto,
 
che subito avrebbe guerreggiato col proprio colono,
 
sguainò le spade congiunte, quando, gettato il seme,
 
i figli della terra ferivano la propria madre,
 
mentre l'elmo spuntava, e il solco guerriero fioriva del verde soldato.
 
 325
Anche ciò non è lecito con piccola lode tralasciare e cioè
 
che l'esercito non si fermò davanti al mare, prima che
 
il Senato dichiarasse guerra secondo l'ordine antico. Stilicone
 
ripristinò tale usanza trascurata per tanti secoli ormai, che i senatori
 
dessero ai generali il mandato di fare la guerra e che la parola d'ordine,
 
 330
propizia, giungesse alle legioni per decreto dell'autorità civile.
 
Noi ammettiamo che risorgono le leggi di Romolo, quando vediamo
 
le armi obbedire agli ordini del Senato.
 
Potevi percorrere il Tirreno con tutte le insegne
 
e le Sirti con le navi, potevi riempire la Libia di manipoli;
 
 335
l'ira, divenendo più lieve, con saggezza indugiò, affinché Gildone
 
atterrito, poiché si sospettava che sotto la tua guida si stava preparando
 
una guerra ben più violenta, non si rivolgesse verso la vampa dei deserti
 
e la zona rosseggiante o, fuggendo, passasse lì dove sorge il sole o,
 
essendo sul punto di fornire a sé stesso il conforto di una morte
 
 340
certa, distruggesse città con le fiamme. Cosa mirabile a riferirsi:
 
tu temi di essere temuto e non permetti che disperi colui che la
 
vendetta attende. Quanto a noi giovò l'arditezza
 
del nemico! Le rocche di Cartagine furono salve;
 
i campi Tirii, che la fuga avrebbe potuto rendere deserti,
 
 345
si rallegrano per gli agricoltori rimasti illesi.
 
Anche se catturato da una vana speranza, non si sottrasse alla pena e
 
risparmiò i nostri: folle colui che, giudicando i Romani soltanto per
 
il numero, non per la forza, marciava con rapidi cavalli come se davanti
 
a sé avrebbe calpestato tutti e come se, cosa di cui era solito gloriarsi,
 
 350
avrebbe immerso nella polvere i Galli spossati dai raggi del sole.
 
Ma imparò che i giavellotti degli Etiopi cosparsi di doppia
 
dose di veleno, che una pioggia copiosa di numerose aste,
 
che nubi di cavalieri non resistono ai manipoli latini.
 
Il vile Nasamone viene steso, il Garamante ormai supplice
 
 355
non scaglia più dardi; gli Autololes, fuggendo rapidamente, ricercano
 
  
nuovamente i deserti; il Mazax pavido getta via il proiettile.
 
Il Mauro esorta invano l'anelante cavallo dal piè di corno;
 
meritatamente la fatale Tebraca accolse nel suo porto
 
il predone profugo con la barca e respinto dai venti, il quale
 
 360
stava sperimentando il fatto che nessun elemento si apriva ai tuoi
 
nemici, e destinato a sopportare gli insulti del popolo soddisfatto
 
e a reprimere l'espressione colpevole davanti ad un umile giudice.
 
Non si attribuisca nulla la Fortuna. Tuttavia, sia sempre prospera;
 
ma non ad uno soltanto abbiamo affidato le controversie della guerra,
 
 365
né il pericolo, sul punto di minacciare rovina una volta per sempre,
 
si fermò in tutti gli accampamenti; se qualcosa fosse stato consentito
 
alle inique vicende, incalzavano altre biremi dietro le spalle;
 
il condottiero più grande stava per giungere. Non ebbe luogo
 
mai vittoria più luminosa o agognata dalle preghiere degli
 
 370
uomini. Forse che qualcuno possa riunire Tigrane e la guerra
 
del Ponto o Pirro e la fuga di Antiochia o la prigionia
 
di Giugurta o Perse e lo sconfitto Filippo?
 
Costoro, dovendo estendersi, erano accorsi innanzi al confine del regno:
 
qui risiedeva la salvezza dell'Impero Romano. Allora, il momento
 
 375
opportuno, pur essendo già stato rinviato, si prolungò in indugi
 
sicuri: ora, invece, vincere tardi fu quasi come essere vinti. Roma,
 
essendo il pericolo sommo, minacciò di franare in mezzo al supplizio
 
vergognoso del popolo; e recuperò la Libia con guadagno tanto
 
maggiore di quello con cui la ottenne, quanto le cose perdute
 
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provocano un dolore molto meno sopportabile di quello che provocano
 
le cose non ancora ottenute. Chi conoscerebbe le imprese delle
 
guerre Puniche, chi voi o Scipiadi, chi inoltre te Regolo, chi canterebbe
 
il lento Fabio, se, disprezzato ogni diritto, l'odioso Mauro esultasse,
 
essendo stata Cartagine asservita? Questa gloria ha rievocato tutte le
 
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vittorie degli antichi. O Roma, Stilicone ti ha restituito tutti i tuoi trionfi!